Fu progettata per battere tutta la concorrenza a Le Mans alla fine degli anni Sessanta. E’ state definita “la più grande Jaguar che non c’è mai stata”. La Jaguar XJ13 è l’affascinate esempio di una promessa non mantenuta, rimasta nel libro dei sogni dell’appassionati.
Tra i tanti progetti di Malcom Sayer, ognuno dei quali passato alla storia dell’industria automobilistica, la XJ13 è tra quelli che si contendono il titolo di più bello. Compatta, agile e flessuosa, faceva bella mostra del suo spettacolare motore al di sotto del lunotto posteriore. L’auto stabilì il record di velocità britannico in pista al circuito del MIRA toccando i 260 kmh. Tranne che in questa occasione, nessun altro riuscì a guidarla, in quanto cambiarono le regole per l’omologazione delle auto ed il progetto si bloccò. La XJ13 rimase, così, nel cassetto sino al 1971, quando Jaguar decise di utilizzarla per la promozione della nuova E-type V12 Serie 3. Durante le riprese di un video, uno dei cerchi in lega di magnesio, reso ancora più fragile dalla lunga inattività della vettura, si disintegrò. L’auto si danneggiò seriamente, ma il capo-collaudatore Norman Dewis, scomparso di recente, uscì illeso dai rottami dell’auto. La vettura fu riparata e restaurata e oggi è la Jaguar più rara e la più inestimabile di tutti i tempi, conservata nel British Motor Museum di Gaydon.
Con una mossa ispiratrice, il team scozzese Ecurie Ecosse, che portò alla vittoria di Le Mans la Jaguar D-type nel 1956 e nel 1957, a settembre presenterà la LM69, riportando in vita proprio la mitica Jaguar XJ13, a distanza di cinquanta anni. Si tratta di una vettura a produzione limitata: soltanto 25 (ricchi) fortunati avranno l'opportunità di possedere e guidare una leggenda.
Il cuore di questa auto è il motore 5.0 litri V12 montato centralmente, di cui però ancora non si conoscono le specifiche. Come la XJ13, il bellissimo motore V12 si può vedere chiaramente attraverso la copertura trasparente del cofano posteriore. Per mantenere l’autenticità dell’auto, non è stata utilizzata alcuna tecnologia sviluppata dopo il 1969, anche se il design beneficia senza dubbio delle lezioni apprese negli ultimi cinquant'anni. Nell’originale, sia il motore che la trasmissione erano strutturalmente integrati nel telaio. E rispetto al prototipo, la differenza è che la LM69 ha il tetto e gli pneumatici più grandi.
Grazie all’utilizzo di materiali compositi, la Ecurie Ecosse LM69 è più leggera della XJ13, ma richiede ancora una notevole abilità di guida. A bordo non ci sono componenti elettronici, quindi non si può trarre alcun vantaggio dal controllo della trazione o della stabilità o da qualsiasi altro ausilio, con il solo pedale del freno utilizzabile per il controllo del pilota.
La Jaguar XJ13 è una questione di orgoglio nazionale britannico. Dopo che la Ford riuscì a battere il predominio della Ferrari nelle gare di durata, conquistando la vittoria a Le Mans nel 1966, i britannici pensarono di contrastare gli americani con la XJ13. Nessuno, purtroppo, potrà mai sapere se quel tentativo avrebbe avuto il successo sperato; una questione che da allora è stata sempre oggetto di molte speculazioni.
A richiesta dei clienti, la Ecurie Cars può installare il sistema d’iniezione del carburante. Certo, questo intervento guasterà l'esperienza autentica, ma in entrambi i casi questa auto da corsa rinata è omologata per l’uso stradale, anche se non è esattamente quel tipo di auto con cui andare al Mac Drive.