Monica 560, il sogno francese

Progetto originale, frutto della creatività di Jean Tastevin, un industriale francese, che voleva dare al suo paese un'auto di prestigio che mancava alla Francia dalla scomparsa della Facel Vega. All'epoca Jean Tastevin era presidente e AD della Compagnie Francaise Des Produits Metallurgiques, che produceva circa il 25% di tutto il materiale rotabile utilizzato sulle ferrovie europee. La fabbrica esportava l'80% della sua produzione e, oltre a vendere il materiale rotabile, ne gestiva un'ampia flotta a noleggio.
Tastevin era anche un appassionato delle auto. Aveva posseduto e guidato quasi tutte le auto di prestigio del mondo, e quando decise di creare il suo nuovo marchio, guidava una Jaguar. Intervistato riguardo la nuova 560, dichiarò di essersi sempre pentito di aver dovuto acquistare fuori dal suo paese un'auto che considerava degna di essere guidata. Puntando sul nazionalismo dei francesi, era convinto che in molti avrebbero scelto, se avessero potuto, un'auto di lusso francese piuttosto che una importata.
Tastevin decise di fare il grande passo nel 1967. Dedicò al nuovo progetto una parte della fabbrica di Balgigny (vicino a St. Etienne). Riunì uno staff di designer, stilisti e ingegneri che, lavorando in assoluta segretezza, realizzarono un prototipo della macchina dei suoi sogni.
Chiamò il nuovo marchio Monica in onore di sua moglie. Tastevin sperava di costruire e vendere circa 400 auto all'anno. La Monica 560, a differenza di tante altre supercar di degli anni '70 e '80, utilizzava un proprio motore. Facel Vega usava motori americani, la Citroen SM era spinta da un motore Maserati, la DeTomaso Mangusta usava un Ford V8, la Iso Griffo usava sia Ford che GM V8 e la Monterverdi usava Chrysler V8. Nessuno di questi sembrava essere quello giusto per Tastevin, che voleva che ogni componente della sua nuova auto fosse costruita in Francia.
Non riuscì, però, a trovare un progettista di motori all'altezza in Francia, e così incaricò l'inglese Ted Martin di sviluppare il gruppo motopropulsore della Monica. Un altro inglese, Chris Lawrence, realizzò il primo prototipo dell'auto, soprattutto perchè nessuno venisse a conoscenza dell'origine francese del progetto nel caso in cui fosse stato individuato un prototipo. Tre prototipi furono costruiti in Inghilterra nel 1968 e i reporter della rivista L'auto Journal ne seguirono uno da Brands Hatch a Sap. Lo stratagemma di Tastevin aveva funzionato. I giornalisti francesi liquidarono qull'auto dall'aspetto insolito come solo un'altra delle tante macchine inglesi, anche perchè notarono che il suo motore portava il marchio Martin che, al tempo, godeva di ottima reputazione per progetti ad alte prestazioni ma su piccola scala. Per questi primi prototipi, Martin sviluppò un 2.8 litri V8 con doppio albero a camme in testa che erogava sviluppa 250 CV per un'auto che pesava 1070 kg. Nella sua versione finale di produzione, il V8 della Monica arrivò fino a 3.5 litri, con due alberi a camme in testa per bancata, anche se la sua potenza rimaneva la stessa.
Lo styling fu curato in collaborazione con Vignale. Le sezioni della carrozzeria vennero realizzate a Torino e assemblate poi a Balbigny per l'assemblaggio, ma l'intenzione era uella di produrla tutta nello stabilimento francese, in modo che potesse comprensibilmente mantenere il suo soprannome di Made in France.
La Monica era lunga 490 cm, la stessa lunghezza della Mercedes 280, ma 9 cm più lunga della Jaguar XJ6 e 15 cm più lunga della Fiat 130. La carrozzeria era spaziosa con le quattro porte e un'ampia capacità di carico, caratteristiche considerate essenziali dal creatore della Monica. Anche le finiture interne erano molto lussuose, con i rivestimenti in pelle e il legno per il cruscotto, entrambe importate dalla Gran Bretagna. L'aria condizionata era di serie.
L'idea era di distribuire le Monica attraverso circa 20-25 concessionari, tutti specializzati in veicoli di lusso. Ma pochi riuscirono a vedere l'auto. Infatti furono solo 8 le auto di serie (oltre a 22 prototipi) furono completate prima della chiusura della fabbrica nel 1974, vittima della crisi petrolifera del 1973. Un piano della Panther Westwinds per riprendere la produzione in Inghilterra fu annunciato nel marzo 1975 ma mai attuato.