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Come Jaguar riuscì a salvarsi ad un passo dal baratro. Le memorie di Sir John Egan.

Sir John Egan, CEO di Jaguar Cars dal 1980 al 1990, ha raccontato in un libro Saving Jaguar la storia che lo vide protagonista del salvataggio del marchio britannico giunto ad un passo dalla fine della sua gloriosa storia, e poi risollevatosi per divenire la splendida realtà di oggi.

Jaguar, nel 1980, era vicinissima al tracollo, con l’improduttiva fabbrica British Leyland di Castle Bromwich ormai sull’orlo della chiusura. John Egan che riuscì nell’impresa di cambiare le sorti del giaguaro ha per la prima volta raccontato i retroscena di quei convulsi momenti e gli anni della rinascita.

Quando Egan arrivò in Jaguar nell’aprile del 1980, non avrebbe potuto scegliere un momento peggiore. Non soltanto Jaguar faceva parte della British Leyland che allora era già in cattive acque, ma ne era uno dei rami più deboli e, ad aggravare la situazione, le maestranze di Castle Bromwich erano ormai in sciopero permanente.

Egan racconta: "Quando arrivai, metà della British Leyland era pronta a chiudere Jaguar. Uno dei pochi ad opporsi era il presidente Michael Edwardes il quale credeva ancora nel salvataggio e mi diede la possibilità di affrontare questa sfida. Nessuno era disposto a comprare Jaguar che perdeva un’enorme quantità di denaro. Castle Bromwich doveva essere avviata alla chiusura: c’erano appena 15.000 scocche in tutta quell’immenso stabilimento. Ricordo che quando vi girai dentro per la prima volta, mi diede l’idea che fossimo degli occupanti abusivi di quella grande struttura e che ne stavamo usando solo una piccola parte.”

Prima dell’arrivo di Egan, Castle Bromwich produceva oltre a Jaguar anche la Triumph TR-7. Divenuto un impianto dedicato soltanto a Jaguar, Sir John poté concentrare tutti i suoi sforzi nel migliorarlo. In ciò trovò un inaspettato alleato in Harold Musgrove, boss della British Leyland: “Musgrove era dalla mia parte. Mi consegnò Castle Bromwich senza cui non avremmo potuto sopravvivere”.
Uno dei punti focali della storia di Egan sono le relazioni con le Trade Unions. Egli ritiene che vincere alcune battaglie chiave fu cruciale per la rinascita di Jaguar, che da ramo in perdita di British Leyland divenne quella più redditizio. Egan scrive nel suo libro: "Jaguar stava affrontando una dura battaglia sindacale. Quando arrivai il primo giorno erano tutti in sciopero.”
Oltre ad essere appoggiato dal management British Leyland nei suoi rapporti con i sindacati, Sir John racconta che anche Margaret Thatcher ed il suo governo Conservatore lo aiutarono a vincere quella che era un’amara battaglia. Una delle chiavi del successo fu l’introduzione del voto segreto che sostituì le assemblee generali dove spesso i delegati sindacali intimidivano gli operai.

Un'altra corposa parte del libro di Sir John si concentra sulla rinascita di Jaguar che, insieme ad un netto miglioramento delle relazioni industriali, fu ottenuta migliorando la qualità che permise al marchio di competere con i rivali tedeschi.
"Tre anni più tardi eravamo al quinto posto della classifica della ricerca JD Power, preceduti solo dalla Mercedes e dai marchi giapponesi. Riuscimmo a costruire vetture vendibili, e fummo in grado di disporre dell’imponente rete commerciale degli Stai Uniti utilizzata prima da Triumph e MG. Grazie ai nuovi prodotti riuscimmo a tornare in positivo in appena tre anni: passammo da una perdita di 50 milioni di sterline l’anno, a realizzare 50 milioni di sterline l‘anno.”

Ma, ad un certo punto, Jaguar divenne addirittura vittima del suo stesso successo. Il fatto che Jaguar fosse di nuovo redditizia, portò il governo a pensare alla sua privatizzazione, quasi fosse un banco di prova per quella di British Telecom, che portò alla separazione da British Leyland nel 1984.

Egan scrive: "In quel momento, noi eravamo l’unica società del gruppo British Leyland ad essere remunerativa, così fummo privatizzati, nonostante i pareri contrari del board della British Leyland. Il governo avrebbe dovuto privatizzare British Telecom sei mesi più tardi. Voleva quindi convincere i cittadini che la privatizzazione era un fatto positivo. Eravamo come il pesce esca per il pesce più grande.”
"Sapevamo che, con la privatizzazione, tutti nel mondo avrebbe potuto comprarci. Riuscimmo ad andare avanti per altri cinque anni. Ma quando la Golden Share venne fatta decadere, in pratica si aprì la scalata al controllo di Jaguar. In conseguenza di ciò, non avrei potuto fare molto di più.” La Golden Share era una particolare azione che il governo britannico deteneva, come in British Telecom, al valore simbolico di 1 sterlina, per mezzo della quale esercitava un diritto di veto su alcune fondamentali decisioni dell’azienda, tra cui ostacolare l’acquisizione del controllo da parte d’investitori stranieri.

Sir John curò la vendita di Jaguar a Ford per £1.6 miliardi nel 1990, dopodiché divenne CEO della British Airports Authority. Non ha mai avuto una grossa considerazione della gestione di Ford, ed è quindi contentissimo della seconda rinascita di Jaguar grazie all’avvento di Tata: "Ford non ha fatto un cattivo lavoro con Land Rover, ma purtroppo non sapevano cosa fare con Jaguar". La postfazione finale del libro è dedicata all’acquisto di Tata e all’enorme successo che ne è derivato. Sotto la proprietà del gruppo indiano Egan è convinto che Jaguar abbia davanti un luminoso futuro.