Auto Stories

XJ13, la Jaguar che non c'è mai stata

E’ stata definita in tanti modi, ma l’espressione più famosa e, probabilmente, quella che la descrive meglio, è “la più grande Jaguar che non c’è mai stata”.

La XJ13 è l’affascinate esempio di una promessa non mantenuta, rimasta nel libro dei sogni dell’appassionati di auto, ma da cui trassero vantaggio la berlina XJ e la E-type Series 3.Jaguar, mentre il motore XK sei cilindri in linea era stato progettato per l’uso stradale e poi adottato nelle competizioni, all’inizio degli anni Sessanta iniziò un programma segreto di sviluppo per la realizzazione di un motore V12 per tornare nuovamente nelle corse in veste ufficiale, e che, in seguito, sarebbe stato depotenziato per l’uso stradale. Basato su due monoblocchi uniti del motore XK con basamento in comune, l’unità progettata da Claude Baily aveva una capacità di 5.0 litri e, nell’allestimento da corsa, una potenza di oltre 500 Cv.
Jaguar aveva, quindi, il motore di cui aveva bisogno per tornare a Le Mans se avesse voluto, ma necessitava di un telaio da accoppiare ad una così grande potenza. La tecnologia dell’automobilismo sportivo aveva fatto passi da gigante da quando la D-type aveva vinto la sua ultima Le Mans nel 1957, ma il team ingegneristico di Jaguar si dimostrò all’altezza del compito nel creare una monoscocca d’alluminio con il motore montato centralmente. L’auto fu chiamata XJ13, dove XJ stave per Experimental Jaguar, e non aveva nulla a che fare con la berlina XJ che sarebbe arrivata in seguito e per la quale era stato pensato il motore V12.
E’ impossibile dire quale sia stato il più bello fra tutti i progetti di Malcolm Sayer, ognuno dei quali passato alla storia dell’industria automobilistica, ma sicuramente la XJ13 è tra quelli che si contendono il titolo. Compatta, agile e flessuosa, faceva bella mostra del suo spettacolare motore al di sotto del lunotto posteriore. L’auto stabilì il record di velocità britannico in pista al circuito del MIRA toccando i 260 kmh. Tranne che in questa occasione, nessun altro riuscì a guidarla, perchè pur essendo pronta per le corse, il suo arrivo coincise con l’affermazione del nuovo 7.0 litri Ford Mark IV.
La XJ13 rimase, così, nel cassetto per cinque anni, sino al 1971, quando Jaguar decise di utilizzarla per la promozione marketing della nuova E-type V12 Series 3. Durante le riprese del video di un filmato pubblicitario, uno dei cerchi in lega di magnesio, reso ancora più fragile dalla lunga inattività della vettura, si disintegrò. L’auto si danneggiò seriamente, ma il capo-collaudatore Norman Dewis uscì illeso dai rottami dell’auto. La vettura fu riparata e restaurata e oggi è la Jaguar più rara e la più inestimabile di tutti i tempi.