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La prima monovolume di produzione di serie del mondo fece per la prima volta la sua apparizione nel 1932. Si trattava dello Scarab, nato da un’intuizione geniale di William Bushnell Stout, ingegnere automobilistico ed aeronautico oltre ad essere giornalista. Ispirato dall’architetto e designer futurista Buckminster Fuller e dalla sua creazione a forma di goccia, la Dymaxion Car.

Stout immaginava la sua macchina come un ufficio su ruote. Le linee dello Scarab furono disegnata da John Tjaarda, e riprendevano il design della fusoliera degli aerei. Grazie all'uso di materiali più leggeri il veicolo pesava meno di 1.400 kg.
Il muso corto e aerodinamico e la parte superiore della carrozzeria affusolata nella parte posteriore, hanno prefigurato il design delle moderne monovolume, con un tavolino rimuovibile ed i sedili della seconda fila che ruotano di 180 gradi.
Nonostante le sue forme aerodinamicamente efficienti, al momento della sua presentazione lo Scarab venne, in generale, considerato brutto. Decenni dopo, il suo design futuristico e sinuoso è divenuto un'icona dell’Art Deco.
Lo spazio interno dello Scarab è stato ottimizzato proprio grazie al suo design, fino ad ampliare l’abitacolo per l'intera larghezza dell'auto. Il passo lungo ed il posizionamento del motore direttamente sull'asse posteriore hanno fatto avanzare il posto del guidatore, consentendo di adottare un volante quasi direttamente sopra le ruote anteriori. I passeggeri entravano da un'unica grande porta comune. Il sistema dei sedili poteva essere facilmente riconfigurato. Gli interni facevano largo uso di pelle, cromature e legno. La visibilità anteriore e laterale era simile alle normali auto, ma quella posteriore era un po’ penalizzata, anche perché non montava specchietti retrovisori.
Le innovazioni non si limitavano al design o alla disposizione interna della vettura. In un'epoca in cui quasi tutte le auto avevano assali rigidi con molle a balestra, lo Scarab montava molle a spirale e sospensioni indipendenti ai quattro gli angoli, offrendo una guida più fluida e silenziosa, anche sulle strade sconnesse, dimostrandosi.
A trazione posteriore, montava un motore Ford V8, con un cambio manuale a tre velocità personalizzato dallo stesso Stout.
Il primo prototipo guidabile dello Scarab fu completato nel. La prima di serie fu pronta nel 1935, con alcune modifiche al design ed alla meccanica. I fari erano sistemati dietro una griglia a barra verticale e, nella parte posteriore, strette barre cromate si curvavano dal lunotto fino al paraurti, dando all'auto il suo aspetto Art Déco. Stout dichiarò che l'auto sarebbe stata prodotta in quantità limitate nella piccola fabbrica di Dearborn, nel Michigan, era prevista una produzione di cento esemplari l’anno.
Sebbene lo Scarab avesse ricevuto il consenso da parte della stampa specializzata, il suo prezzo si rivelò il suo tallone d’Achille: ben 5.000 dollari, quando una lussuosa e ultramoderna Chrysler Imperial Airflow che costava solo 1.345 dollari. Insomma, pochissimi potevano permettersela e sbordare una cifra così considerevole solo per amore dell’innovazione.
In totale furono costruiti nove Scarab, tutti prodotti a mano, e la produzione di serie non partì mai.
Subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, Stout costruì un altro prototipo di Scarab, chiamato Experimental. Presentato nel 1946, era molto più convenzionale, sebbene montasse ancora il motore posteriormente. Aveva due porte, un parabrezza avvolgente e la prima carrozzeria monoscocca in vetroresina del mondo. Montava, inoltre, la prima sospensione pneumatica sviluppata nel 1933 da Firestone, ma non entrò mai in produzione.
Oggi sono sopravvissuti sei Scarab. Uno, prodotto nel 1935, fu esposto per molti tempo al Transportation Museum di Owls Head, nel Maine, e restituito nel 2016 al Museo Storico di Detroit
In uno Scarab, si racconta, sia avvenuto l’incontro tra il generale Eisenhower e Charles De Gaulle durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel corso degli anni ’50 fu utilizzato da una famiglia circense durante le sue tournée in Europa e dopo qualche anno fi recuperato da un designer industriale francese che poi lo lasciò in esposizione al museo di Reims.

Photo Credit: Michael Furman