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Di lui si è detto che rendeva possibile l'impossibile. La sua filosofia era semplice: era tutto quello che contava. Non si accontentava di altri piazzamenti che non fossero il primo posto. Nonostante questo, non riuscì mai a vincere un Campionato del Mondo di Formula 1.

Preferiva piuttosto perdere una gara spingendo al massimo per vincerla, che vincere guidando più piano e rischiare di perdere. "Io sono un corridore, non un pilota”, sottolineava. "Ma so anche che non è una cosa intelligente. Si dovrebbe essere entrambi, ma a me piace correre”.
Stirling Moss, nel suo periodo di massimo splendore, era il pilota perfetto, e nonostante non fosse mai divenuto campione del mondo, il pubblico lo adorava. Era diventato ormai un’icona, era Mr Motor Racing.
Amava entrare in curva e guardare nello specchietto il pilota che lo seguiva, e poi vedere lo stesso pilota distanziato di 2 o 3 metri quando usciva dalla curva: “In quel momento mi sentivo forte, grande. Quando sei in testa da solo e non stai giocandotela con gli altri, dentro l’abitacolo sei sempre più solo. Esci da una curva e leggi 6700 giri. E al giro successivo spingi ancora di più, solo per vedere se riuscirai ad andare più forte”.
Non gli piaceva indossare il casco, tra l’altro sempre bianco. Avrebbe preferito un normale berretto di stoffa.
Stirling Craufurd Moss era nato a Londra il 17 settembre 1929. Sia il padre che la madre avevano gareggiato con le auto; il padre aveva corso due volte la 500 miglia di Indianapolis. La madre scozzese Aileen avrebbe voluto chiamarlo Hamish, nome che il padre detestava. Fu trovato un compromesso con Stirling, il nome della storica città scozzese vicino alla casa della famiglia materna.
Era un promettente cavallerizzo ma, come confesserà in seguito, i cavalli erano troppo difficili da guidare. La sua passione erano le auto. Fin da bambino il papà lo faceva sedere sulle gambe e gli faceva guidare l'auto di famiglia. A 10 anni chiese per regalo ed ottenne una vecchia e scassata Austin Seven. Si costruì il suo circuito privato nella fattoria della famiglia. A 18 anni comprò una Cooper 500, vincendo 11 delle prime 15 gare a cui partecipò. Nel giro di due anni, iniziò a gareggiare in tutta Europa. Nel 1953 diventò pilota a tempo pieno. La prima auto fu una Maserati di sua proprietà. Nel 1955 entrò a far parte del team Mercedes, guidato dal suo idolo Juan Manuel Fangio. Quello stesso anno Moss divenne il primo pilota britannico a vincere il British Grand Prix, imponendosi sullo stesso Fangio per due decimi di secondo.
Ha gareggiato per 14 anni, ha vinto 212 gare su 529 a cui ha partecipato, inclusi i gran premi, con 107 vetture diverse. Ha vinto più del 40% delle corse a cui ha partecipato.
In Formula 1 ha partecipato a 66 Grand Prix, 16 volte dalla pole position, 37 volte dalla prima fila della griglia di partenza. Ne ha vinti 16, anche se ne avrebbe potuti vincere altrettanti. In altri 20 stabilì il giro più veloce. Dal 1955 al 1958 ha chiuso al secondo posto il Campionato del Mondo, dal 1959 al 1961 al terzo. “Se Moss avesse messo la ragione prima della passione", disse Enzo Ferrari, “sarebbe stato campione del mondo molte volte.”
Ovviamente, non era contento del fatto che non avesse vinto nemmeno un titolo mondiale. Dal 1956, ogni anno, c’è stato sempre qualche stupido inconveniente alle sue macchine ad negargli la vittoria finale. In un’occasione fu la sua onestà ad impedirgli di vincere, perché Moss era, nell’animo, un cavaliere. Nessun’altra gara potrebbe descrivere la personalità di Moss come il GP di Portogallo del 1958. Quell’anno avrebbe vinto 4 volte; il suo rivale Hawthorn appena una, ma Moss perse il titolo per 1 solo punto. E ironia della sorte se non fosse stato proprio Moss a difendere il suo connazionale, il titolo sarebbe stato suo.
Hawthorn chiuse quella stagione collezionando 49 punti in 9 gare, che diventarono 42 perché venivano considerati solo i 6 risultati migliori. Moss con la sia Vanwall, meno affidabile della Ferrari, aveva tagliato il traguardo solo 6 volte, raccogliendo 41 punti. Non sarebbe mai stato così vicino alla corona.
Al di fuori della Formula 1, Moss era imbattibile; e se non ci riusciva la ragione era quasi sempre nell’affidabilità delle auto che guidava. Sebbene non fosse stato in grado di eguagliare il suo idolo Fangio quando erano compagni di squadra in Mercedes nel 1955, era riuscito a prendere le misure dell'argentino al volante delle 300SLR. Quello stesso anno vinse il Campionato del Mondo Sport grazie ai suoi successi nella Mille Miglia (con Denis Jenkinson), nella Targa Florio (con Peter Collins) e al Tourist Trophy. Alla Mille Miglia coprì la distanza in poco più di 10 ore, un record, distaccando gli inseguitori di 31 minuti. Una vittoria che è stata celebrata come una delle più grandi imprese nella storia dell'automobilismo sportivo.
Ma ha anche stabilito il record di velocità terrestre sui laghi salati dello Utah con una MG.
Nel 1958 vinse il Gran Premio d’Argentina non cambiando gli pneumatici per tutti gli 80 giri, nonostante questi avessero una durata media di 40. Nel 1961, vinse il GP di Monaco guidando una Lotus 4 cilindri, riuscendo ad avere la meglio, al termine di un’epica battaglia, sulle tre Ferrari 8 cilindri. Nel 1960, Moss vinse il GP degli Stati Uniti cinque mesi essendo fratturato gambe e schiena al GP del Belgio.
Il 23 aprile 1962, sul circuito di Goodwood, ad un certo puntò iniziò ad uscire del fumo dalla sua Lotus. Mentre Moss cercava di superare Graham Hill, la sua auto virò ed andò a sbattere contro una barriera di terra alta un metro e ottanta. Occorse più di mezzora per liberare Moss dai rottami della sua auto. Lo zigomo sinistro era frantumato, con danni anche all’occhio, il braccio sinistro rotto e la gamba sinistra rotta in due punti. Ma le radiografie rivelarono una danno ben maggiore. La parte destra del cervello si era distaccata dal cranio. Rimase in coma per 38 giorni, mentre una parte del corpo restò paralizzata per 6 mesi.
Quando lasciò l’ospedale, prima portò a cena fuori le 11 infermiere che si erano prese di cura di lui e poi a teatro. L’anno seguente tornò a Goodwood e spinse una Lotus ad oltre 230 km/h sul bagnato. Ma si rese conto che non sarebbe più riuscito a fare incoscientemente le stesse cose che faceva prima. Così, a 33 anni, prese la decisione di ritirarsi.
Non vincere il titolo mondiale, confessò più tardi, gli era stato però utile dopo aver lasciato l’attività sportiva: "Sono stato molto fortunato nella mia vita. Mi sono convinto che vincere un Campionato del Mondo sarebbe stato, dopo aver lasciato le corse, più dannoso. Questo mette in difficoltà chi deve scrivere o parlare del Campionato del Mondo perché devono comunque menzionarmi. Sono l'uomo di cui la gente dice: "Avrebbe dovuto vincere".
Per molti anni, la polizia stradale chiedeva ironicamente agli automobilisti fermati per eccesso di velocità: “Chi pensate di essere, Stirling Moss?”. Una volta capitò allo stesso Moss di essere fermato e alla solita domanda, prima che fosse riconosciuto, rispose: “Sir Stirling, please".
Ha vissuto sempre con il pedale del gas a tavoletta, sia che guidasse un’auto da corsa, sia nelle molte attività intraprese dopo il ritiro. Ha fatto investimenti immobiliari di successo ed è tornato in pista con le auto d’epoca, lo si poteva incontrare anche a girovagare per Londra in sella al suo scooter. Ha sempre fatto notizia. Ma mai una parola che potesse minimamente offuscare la sua immagine. Una leggenda racconta che avesse guidato per centinaia di miglia nel vano tentativo di conoscere Miss Italia la sera prima di una gara. I tanti libri pubblicati su di lui ne hanno contribuito a consolidare la sua leggenda.