La Ferrari 166MM/212 Export Uovo venne creata come esemplare unico ultra-aerodinamico nel 1950
Jaguar XJ, i 50 anni di una dinastia leggendaria. La XJ40, 1986-1994. Quarta parte.
Jaguar XJ, i 50 anni di una dinastia leggendaria. La Serie III, 1979-1992. Terza parte.
Al termine di un lungo lavoro di studio e di progettazione, dopo qualche falsa partenza e molti ritardi, l’8 ottobre 1986 fu presentata la XJ40, la quarta generazione della XJ.
Pur mantenendo una certa continuità stilistica con le serie precedente, rappresentava uno stacco netto rispetto al passato, con la sua linea nuova e contemporanea, più aerodinamica. Lancio che fu posticipato anche dalle iniziali indecisioni della British Leyland e dalla mancanza di un budget adeguato.
Cruciale per lo sviluppo della XJ40 fu il nuovo motore Jaguar 3.6 litri da 212 Cv che sostituì il classico XK. Derivato originariamente da una singola bancata del V12, aveva però un doppio albero a camme in testa invece di uno, beneficiando del fatto di avere quattro valvole per cilindro. Come era accaduto molto tempo prima con il motore XK, il nuovo propulsore denominato AJ6, dove AJ stava per Advanced Jaguar, fu prima lanciato su una vettura sportiva a produzione limitata come la XJ-S 3.6 cabrio nel 1983.
Come alternativa a questa versione 3.6 litri dell’AJ6, la XJ40 montava un 2.9 litri da 165 Cv che aveva però una testata differente, con un solo albero a camme e solo due valvole per cilindro, che però non si dimostrò adeguato per il peso della vettura. All’inizio non ci fu una versione V12 della XJ40 che non era stata progettata per poter essere equipaggiata con un motore a V. Fu, quindi, necessario ricorrere ad una parziale riprogettazione, ma si dovette attendere sino al 1993 per il lancio della versione con il motore V12. Pare che l’origine di tale mancanza nel progetto derivasse dal fatto che, in fase di sviluppo, fosse stata avanzata l’idea di montare, invece di un motore Jaguar V12, il più economico Rover V8. Per questo, alcuni progettisti della Jaguar aveva disegnato un vano motore più piccolo, solo per ospitare un 6 cilindri. Così, mentre le produzione della Serie III con il 6 cilindri terminò non appena fu lanciata la XJ40, la versione 12 cilindri continuò a rimanere in produzione con successo, a riprova dell’eleganza senza tempo del classico design della XJ anche dopo più di 20 anni.
Dal punto di vista dello stile, la XJ40 fu l’ultima Jaguar di produzione di serie sulla quale William Lyons ebbe ancora qualche influenza; infatti, sebbene si fosse ritirato a vita privata, seguì lo sviluppo del progetto come consulente, visitando regolarmente il centro design. Sir Lyons, morto nel febbraio del 1985 a 84 anni, non riuscì a vedere il lancio della nuova XJ40, ma ebbe la soddisfazione di assistere alla riconquista dell’indipendenza della sua Jaguar da British Leyland. Fu un uomo intransigente, carismatico, dalle grandi intuizioni geniali, uno dei personaggi più rappresentativi della storia automobilistica del ‘900.
Forse ispirata dal design contemporaneo degli anni ’80, la XJ40 era molto più squadrata delle precedenti Jaguar. I modelli Sovereign e Daimler montavano dei gruppi ottici rettangolari, così come i vetri posteriori quadrati. Un’innovazione per Jaguar fu il deflettore fisso al montante posteriore, che creò lo stile delle sei luci. Le proporzioni generali e la linea verso l’alto dei parafanghi posteriori erano inconfondibilmente Jaguar.
Inizialmente la gamma era composta dai modelli XJ6, Sovereign e Daimler. Le versioni XJ6 erano riconoscibili perché montavano i quattro fari anteriori circolari.
Sotto la pelle la XJ40 adottava un nuovo tipo di sospensioni indipendenti, frutto di migliaia e migliaia di test, ed il sistema autolivellante. I dischi freno vennero spostati dall’interno, dove erano stati sin dai tempi della E-type, all’esterno, aumentando il teorico svantaggio per il peso non sospeso. Da un punto di vista pratico si rivelò irrilevante, ma molto più funzionale. I dischi non si surriscaldavano, né surriscaldavano più il differenziale o le guarnizioni dell’olio. Il cambio manuale era un Getrag a 5 marce, già montato sulla XJ-S, mentre la trasmissione automatica era una ZF con la quale venne introdotto l’ormai classico selettore per le marce nella forma dello J-Gate. Per la prima volta si fece grande uso dell’elettronica, anche per la diagnostica dei guasti elettrici dell’auto. Un computer di bordo monitorava i sistemi di gestione della vettura, l’aria condizionata era programmabile e vi era la possibilità di avere come accessorio il telefono di bordo.
Gli interni erano stati completamente ridisegnati, con abbondanza di pelle e radica di noce; rispetto al passato, avevano una migliore ergonomia e l’elettronica sofisticata aveva permesso di avere strumenti più piccoli, con schermi a barre ed anche un trip computer, oltre a montare gli airbag.
Dal punto di vista costruttivo, poi, la XJ40 rappresentò un grande passo avanti, inaugurando anche nuove tecniche di produzione. Ma era anche, al tempo, la vettura più rigorosamente testata della storia Jaguar, avendo percorso milioni di chilometri nelle condizioni più estreme.
Uno dei requisiti alla base del suo design fu la riduzione dei costi di costruzione. Il peso della carrozzeria, così, non superava i 300 chili; un bel passo in avanti rispetto ai 380 della Serie III. Fu una notevole sfida per i designer che, al tempo, credevano di usare la massa della carrozzeria per ridurre la rumorosità e le vibrazioni. Risultato, invece, ottenuto con successo aumentando la rigidità e riducendo drasticamente il numero dei componenti della carrozzeria stessa: 425 contro i 558 della generazione precedente.
La quarta generazione della XJ riscosse un immediato successo, tanto che Jaguar fu costretta ad aprire, nel 1987, una seconda linea di montaggio. Come era accaduto per la XJ6 nel 1968, si sviluppò nei primi tempi una sorta di “mercato nero, tale era la domanda della XJ40. A partire dal 1989 la produzione schizzò alla cifra record di 39.000 vetture l’anno.
Nel 1990 Jaguar, che nel 1987 era stata acquistata dalla Ford, sostituì il motore 3.6 litri con una versione 4.0 litri da 235 Cv; e qualche mese più tardi anche il 2.9 andò in pensione, sostituito dal nuovo 3.2 da 201 Cv, con il doppio albero a camme e 4 valvole per cilindro.
Alla fine dello stesso anno, in attesa della XJ40 con il motore V12, fece la sua comparsa nella gamma il badge R Performance sulla nuova XJR 4.0, la prima di una famiglia di auto ad alte prestazioni che continua sino ad oggi e che montava una versione potenziata del 4.0 litri da 251 Cv
Nel 1992 fece finalmente il suo debutto il motore V12, lo stesso della serie precedente, ma maggiorato a 6.0 litri, che erogava una potenza di 318Cv. La versione Daimler assunse la denominazione di Double Six. L’anno successivo il massimo del lusso fu offerto dalla versione a passo lungo (LWB), di cui però ne furono costruite soltanto 121. La Majestic, questo il nome della LWB, venivano modificate dalla Project Aerospace di Coventry: più lunghe di 125mm, il tetto era più alto, le portiere più ampie ed il lunotto posteriore più grande. L’auto tornava poi a Browns Lane per la verniciatura e l’allestimento interno.
Complessivamente dal 1986 al 1994 furono prodotte 208.733 XJ40 nelle varie versioni. Un successo incredibile per l’auto che cambiò la percezione del marchio Jaguar nel mondo.
To be continued
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